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18 dicembre 2008 4 18 /12 /dicembre /2008 17:39

L’importanza:
«Esercitati nelle due vie della pratica e dello studio. Senza pratica e studio, non può esservi Buddismo. Devi non solo perseverare tu, ma anche insegnare agli altri. Sia la pratica che lo studio devono sorgere dalla fede. Insegna agli altri come meglio puoi, anche una sola frase o una sola parola. Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo» (“La vera entità della vita” - SND, 4, 235).
Nel mio piccolo è proprio quello che cerco di fare con questo mio sito: “insegnare agli altri come meglio posso, anche una sola frase o una sola parola”.
Ma quello che voglio trattare ora da questo brano estratto dal Gosho è la frase “Esercitati nelle due vie della pratica e dello studio. Senza pratica e studio, non può esservi Buddismo”. Questa espressione non lascia adito ad interpretazioni arbitrarie: è lampante che, oltre alla pratica, è indispensabile lo studio del buddismo.
Probabilmente ce lo saremo sentiti ripetere decine di volte dell’importanza dello studio, qualcuno avrà anche sentito il termine giapponese in uso fino a qualche anno fa shin gyo gaku (信行学 fede, pratica e studio) che sottolineava l’inscindibilità di questi tre aspetti del buddismo.
Invece, immancabilmente, ci si ritrova a studiare il Gosho, una sola volta la mese (nel migliore dei casi) alla riunione di studio (parlo ovviamente per le persone che frequentano le riunioni della Soka Gakkai) e spesso si arriva alla riunione senza neanche aver mai letto il Gosho in programma.
Invece lo studio del buddismo come la pratica dovrebbe essere un’attitudine quotidiana. La pratica e lo studio sono le due vie parallele che dovremmo percorrere come fossero le due rotaie che compongono il binario della ferrovia percorsa dal treno che porta alla buddità: se una delle due viene a mancare il treno non può avanzare senza deragliare.
Non dobbiamo quindi mettere lo studio in secondo piano per nessun motivo.

L’oggetto di studio:
Ma cosa si intende per “studio del buddismo”? Cosa bisogna studiare?
Nel Gosho “Il Sutra del Loto porta all’illuminazione” (SND, 8, 4) il Daishonin dice: «Un sutra dice: “Affidatevi alla Legge, non alla persona; affidatevi al significato, non alle parole; affidatevi alla saggezza, non al ragionamento; affidatevi ai sutra completi e definitivi, non a quelli incompleti e non definitivi”. Il significato di questa frase è che non dobbiamo affidarci a ciò che dicono i bodhisattva e i maestri, ma credere in ciò che è stato stabilito dal Budda».
Il principio “non dobbiamo affidarci a ciò che dicono i bodhisattva e i maestri, ma credere in ciò che è stato stabilito dal Budda”, applicato allo studio, indica che la cosa giusta da fare è affidarsi agli Scritti del Budda in persona e non alle interpretazioni dei maestri o di qualcun altro o peggio ancora alle nostre interpretazioni personali. Quindi gli Scritti di Nichiren Daishonin devono essere la base per lo studio del buddismo. Il Gosho permette a tutti di comprendere profondamente il significato del Sutra del Loto, l’unico insegnamento valido nell’Ultimo Giorno della Legge, e dei molteplici trattati svolti su di esso di T’ien-t’ai, Miao-lo e Dengyo continuamente citati da Nichiren Daishonin. Quando si ha la piena conoscenza del Gosho allora, se si vuole, se ne può approfondire lo studio con la lettura del Sutra del Loto, degli altri sutra e dei trattati citati in esso.

Il metodo:
La frase del Gosho sopra citato dice anche “Sia la pratica che lo studio devono sorgere dalla fede”. Questa è una cosa fondamentale. Il Gosho, senza fede, non può essere capito così come la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo non produce effetti positivi senza fede (vedi anche sezione “La pratica essenziale”). Anni or sono veniva spiegato questo concetto con due principi indicati con i termini giapponesi ishin tokunyu (以信得入, entrare nella conoscenza attraverso la fede) e ishin taie (以信大慧, la fede diventa saggezza).
Ovvio che, con un po’ di sforzo, tutti possono capire le parole del Gosho, ma per riuscire a sentire con la propria vita le affermazioni del Daishonin e quindi comprenderne il vero significato, è indispensabile prendere fede, quindi recitare il Daimoku e studiare approfonditamente. Questo è l’unico modo valido per far sì che le sue parole diventino parte di noi. In questo modo applichiamo il principio di ishin tokunyu.
La frase “affidatevi al significato, non alle parole” indica il modo con cui dovremmo intendere gli scritti: non dovremmo mai sezionare frasi e parole estrapolandole dal contesto poiché sicuramente perderebbero il loro significato.
Voglio fare un esempio di come si può facilmente travisare il Gosho raccontando un fatto che è capitato a me. Conversavo con un mio amico responsabile di capitolo e si parlava del drammatico aggravamento della situazione del pianeta: guerre, inquinamento, malattie, disastri, ecc. Lui si dichiarava ottimista e diceva di non vedere un peggioramento della situazione e per sottolineare che era solo un mio punto di vista pessimistico, da bravo responsabile della Soka Gakkai, mi cita un brano di Gosho: «gli spiriti affamati vedono il fiume Gange come fuoco, gli esseri umani vi vedono l’acqua e gli esseri celesti lo vedono come amrita», come per dire che le cose sono come uno le vede! Ovviamente questa è follia perché quando si presenta una situazione negativa, se non si è in grado di valutarne la pericolosità, si possono correre gravi rischi. Pensare che le cose vanno bene quando invece non vanno assolutamente bene significa non essere in grado di valutare le situazioni e ciò non è certo il comportamento di una persona illuminata quale dovrebbe essere chi pratica il buddismo.
Invece il brano citato si riferiva al Sutra del Loto e non a delle situazioni generiche. La frase completa è la seguente: «Ogni ideogramma di questo sutra è un Budda vivente di suprema illuminazione, ma noi, guardando questo sutra con gli occhi dei comuni mortali, vediamo solo gli ideogrammi. Gli spiriti affamati vedono il fiume Gange come fuoco, gli esseri umani vi vedono l’acqua e gli esseri celesti lo vedono come amrita. L’acqua è sempre uguale, appare diversamente secondo la capacità karmica degli individui» (“Risposta a Soya Nyudo”, SND, 7, 147).
D’altronde il Daishonin dice anche: «Se tu confondi minimamente il generale con il particolare, non sarai mai in grado di ottenere l’illuminazione e vagherai per infinite vite di sofferenza» (“Ammonizione contro la calunnia”, SND, 4, 98). E anche questo è un aspetto fondamentale nello studio del buddismo, ovvero riuscire a distinguere il particolare dal generale. Ogni Gosho ha un destinatario e tratta argomenti a volte generali, a volte particolari e ancora a volte generali per indicare qualcosa in particolare, a volte in particolare per indicare qualcosa in generale. Può sembrare un gioco di parole invece è un dato da non sottovalutare. Pensare che un’indicazione data ad un discepolo relativamente ad un suo problema particolare possa applicarsi in generale per chiunque può essere un grave errore. Così come può essere un grave errore pensare che alcune indicazioni date in generale a tutti possano non riguardarci.
Quindi, quando studiamo il Gosho, per prima cosa leggiamo chi è il destinatario, se è un prete o un laico, un uomo o una donna, un giovane o un anziano, ecc. Cerchiamo poi di capire quale è il motivo per cui il Daishonin gli scrive una lettera, se per un problema particolare o per dare dei consigli in generale. Cerchiamo di capire quali fatti erano accaduti per spingere il Daishonin a scrivere. Cerchiamo di capire quale era la situazione del Daishonin stesso: se era in esilio o in ritiro sul Minobu, a che età ha scritto la lettera e soprattutto se prima o dopo la persecuzione di Tatsunokuchi. Cerchiamo di farci un quadro generale della situazione e, col desiderio di approfondire la nostra fede prima ancora della conoscenza, affrontiamo lo studio del Gosho. A volte addirittura ci sembrerà che la lettera è destinata a noi per quanto sentiremo vicine le parole del Daishonin. A volte ci sembrerà di percepire la situazione che il Daishonin stava affrontando mentre scriveva la lettera tale sarà l’empatia che proveremo nella lettura.
Con la fede possiamo percepire il significato. Senza fede possiamo capire le parole ma attribuiremo ad esse un significato soggettivo.
Facciamo diventare lo studio del Gosho parte della nostra pratica quotidiana senza temere di non essere all’altezza di comprenderlo.


Leonardo Vinci

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